Con il termine di “ferite difficili” viene definito un gruppo di affezioni cutanee a diversa eziologia, che implicano una perdita di tessuto ed una scarsa tendenza alla guarigione spontanea.

Tale problematica  , la cui disciplina viene identificata un una branca medica detta  “vulnologia”,   sin dai tempi più remoti  ha rappresentato un’interessante  sfida per l’uomo e per il sanitario e talvolta  purtroppo anche una sconfitta,  in quanto rivolta ad una cronicità molto dispendiosa in termini di una dedizione continua d’impegno e soprattutto  in termini di impatto economico.

Negli ultimi anni, con l’allungamento  delle prospettive di vita e il graduale incremento della popolazione geriatrica, si è assistito ad una rapida espansione del problema che dai dati epidemiologici internazionali vede la prevalenza delle lesioni cutanee croniche nella popolazione mondiale variare dallo  0,1% al 1,5%,  con una  preponderanza che aumenta con l’età da 0,3% a 60 anni  fino ad un  5%  intorno ai 90 aa.

Stime dell’ultimo decennio confermano che allo stato attuale in Italia siano più di  2.000.000 gli  individui interessati dal fenomeno delle ferite difficili con un impatto economico complessivo calcolato intorno ai  1,5 miliardi di euro/anno.

Una più recente indagine ha rilevato che annualmente nel nostro paese si effettuano più di 300.000 prime  visite ambulatoriali ed ospedaliere per lesioni cutanee croniche degli arti inferiori e per lesioni da decubito,  con una quantità di prescrizioni di materiali di medicazione, di soluzioni detergenti, di antisettici, di terapie antibiotiche e di dispositivi dedicati alla cura della ferita  pari ad una spesa annua che supera i 125 milioni di €.

Un fenomeno in espansione che ha visto crescere l’impegno da parte di molti sanitari verso questa branca iper-specialistica della medicina ma soprattutto diventare oggetto di un’interesse particolare per il dermatologo che , proprio perché studioso ed esperto delle patologie  cutanee,  è colui che  più di altri specialisti sa inquadrare con una  diagnosi eziologica la  lesione cutanea cronica e ricoprire il ruolo del fulcro per una gestione multidisciplinare del problema.

Nell’ambito delle competenze di uno specialista dermatologo e dermochirurgo diventa pertanto imprescindibile la conoscenza di questa disciplina e diventa fondamentale l’acquisizione di quelle nozioni terapeutiche che superano oramai la consuetudine storica di  una semplice gestione  topica ma che si avvalgono di innovazioni sia nei più moderni materiali di medicazione che nei tanti dispositivi tecnologici che un vulnologo ha oggi a disposizione e che vanno dalla terapia a pressione negativa all’utilizzo di un’idrobisturi o di un bisturi ad ultrasuoni ad alta frequenza per eseguire un accurato debridement chirurgico ,  dall’applicazione in campo vulnologico della terapia  fotodinamica a quella della  biofotonica, dalle conoscenze di tecniche specifiche di dermochirurgia ricostruttiva all’utilizzo di innesti cutanei con sostituti dermici e cute ingegnerizzata.

In conclusione si può affermare che dalla conoscenza deriva la competenza e da questa l’appropriatezza terapeutica che oggi è la condizione  fondamentale per eseguire un atto medico corretto e che, soprattutto in campo vulnologico,  non esponga il sanitario anche a problemi di tipo medico legale.

 

Dott. Marco Sigona

Dirigente Medico U.O.Dermatologia

Resp. U.O.S Ferite Difficili AV3 – Macerata

ASUR Marche